Cosa rischia New York?
Il NYPD ha costruito, dopo l’11 settembre, una delle unità antiterrorismo più avanzate del mondo. Se viene toccato un solo civile americano, l’Iran viene raso al suolo
Ho saputo dell’attacco diretto all’Iran mentre ero in un ristorante dell’East Village a cenare sushi. L’ho saputo tramite un post di IG che riprendeva un messaggio social di Trump, in cui annunciava di aver attaccato i siti nucleari iraniani. Bella merda, mi sono detto, attraversato però da quel brivido di eccitazione che porta in noi l’ignoto. Poi è arrivato l’annuncio della conferenza stampa alle 10 di sera.
Guardo l’orologio, manca circa un’ora e mezza. In quell’esatto momento, ho capito tutto. Devo tornare a casa per ascoltare Trump. Ma ho capito anche un’altra cosa.
La seguente: che sarebbero arrivati giorni di “fragilità”, quelli in cui l’opinione pubblica si intimorisce, e la prospettiva della fine del mondo occupa spazio nelle nostre menti. Subito dopo, sempre su Instagram, mi è apparso un messaggio del NYPD in cui informava la cittadinanza che avrebbero preso delle precauzioni, per monitorare ancor di più obiettivi sensibili, tipo centri religiosi, culturali e diplomatici.
Non era specificato quali fossero, e se fossero legati ad Israele, o anche edifici federali degli Stati Uniti. Ma il messaggio implicito, in questo post, è chiaro: possiamo essere un bersaglio. Nulla di nuovo, in realtà, è normale amministrazione in questi casi. Quando si eleva la tensione, la precauzione diventa massima. Però un po’, lo ammetto, io e Martina ci siamo spaventati. Infatti abbiamo discusso un attimo se fosse il caso di tornare a casa in metropolitana o prendere Uber. Alla fine abbiamo preso la metropolitana.
Non che ci siano state minacce concrete di attacchi alla metropolitana, però è inevitabile che la mente vada a quello, soprattutto dopo gli attacchi di Madrid, Londra, Bruxelles e Parigi.
Sono tornato a casa, dopo aver cenato di fretta, perché non volevo perdermi la conferenza stampa di Trump, per capire cosa fosse davvero successo. Volevo ascoltare il tono della sua voce, l’espressione di coloro che erano vicini, notare ogni piccolo dettaglio che confermasse che il capo sapeva quello che stava facendo. Nei momenti di paura, cerchiamo conforto nelle piccole cose.
Nel mio caso c’è un motivo anche ulteriore. Visto che ho fondato il tour operator italiano più grande di New York (www.ilmioviaggioanewyork.com) , e siamo un punto di riferimento per gli italiani, già so cosa capita in questi casi. La gente ha paura, e ti chiede se New York sia sicura o meno, se deve annullare il viaggio, se ci sono rischi concreti di attentati. Da questo momento l’articolo è per i miei cari abbonati.